Oggi voglio condividere questa nota pubblicata su facebook da un amico che condivide la nostra stessa condizione, per ricordare un anniversario, un evento, una ricorrenza, per renderla meno invisibile agli occhi di chi non ha saputo o potuto o voluto dare risposte, ad ognuno di noi l’incombenza di capire chi è quel qualcuno.
Una mamma
Ci sono mamme che sono speciali perché lottano incessantemente per migliorare lo stato di difficoltà in cui si trovano i loro figli. Mia moglie e tutte le altre mamme di bambini disabili che conosco ne sono un esempio ammirevole.
Ci sono però anche mamme speciali, che lottano costantemente contro la loro precaria salute, per migliorare la condizione di figli sani, ma che riescono a seguire fino ad un certo punto.
G. era una di queste.
E il suo ricordo riaffiora oggi in me. Oggi che è la Festa della Mamma, ma che è anche l’anniversario di approvazione in Parlamento della Legge 13 maggio 1978 n. 180 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, meglio conosciuta come legge Basaglia, che è la prima ed unica legge quadro che impose la chiusura dei manicomi, regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, ed istituì i servizi di igiene mentale pubblici.
La conobbi circa vent’anni fa. Una persona sulla quarantina che doveva essere stata una bella donna in gioventù. Il suo corpo era abbastanza provato da un massiccio bisogno di antipsicotici… Educatissima. Stava sempre male, sia quando era “scompensata” ed il delirio aveva il sopravvento, sia quando stava meglio. Quando cioè assumeva la consapevolezza della sua malattia e la tristezza la invadeva, il tono della voce diventava calante e sempre più depresso.
G. si era convinta che suo figlio stesse sempre malissimo e tutte le notti lo portava al pronto soccorso per far curare un bambino in perfetta salute psicofisica. Così come poteva assumere nell’ambito di uno stesso discorso ruoli completamente differenti e incompatibili. Alla vista di un quadro il delirio aumentava …
Ogni tanto la potevi incontrare per strada con la vestaglia e le ciabatte a chiedere una sigaretta o un caffè.
Al suo paese la conoscevano tutti.
Viveva della pensione di invalidità che le bastava appena. Ma per il figlio c’era sempre. Per quello che poteva fare e dare.
Quando non si poteva farne a meno, veniva sottoposta a TSO e ricoverata appositamente. Se c’era posto nelle strutture vicino casa andava bene, altrimenti il TSO veniva eseguito anche a distanza ragguardevole. Ed una volta dimessa non aveva i soldi nemmeno per l’autobus che la faceva rientrare a casa. Supplivano conoscenti e personale sanitario … Era molto sola.
Scoprire che aveva messo da parte una piccola cifra da regalare al figlio per il suo matrimonio fu una vera sorpresa. Un’ulteriore testimonianza di dignità che non dimenticheremo, di una grande mamma.