
Piano_Sanitario_Regionale_2011_-_2013-_Allegato_definiti.pdf (Oggetto application/pdf).
abstract:
4.2 Le Disabilità
La legge della Regione Siciliana n. 68/81 “Istituzione, organizzazione e gestione dei servizi per i soggetti
portatori di handicap”, il Primo Piano triennale allegato alla LR 16/86 “Piano di interventi in favore dei soggetti
portatori di handicap ai sensi della legge regionale 18 aprile 1981, n. 68”, il secondo Piano triennale a favore
delle persone con disabilità della Regione Siciliana, approvato con D.P.R.S. del 2 gennaio 2006 e la legge
nazionale n. 104 del 05/02/1992 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate”, hanno definito i principi ed i criteri da applicare per l’assistenza, l’integrazione sociale ed i diritti
per le persone con disabilità.
Nel 2005 l’ISTAT ha effettuato l’ultima indagine multiscopo attualmente disponibile sulle “Condizioni di salute
e ricovero ai servizi sanitari” in Italia, rilevando su circa 60 mila famiglie delle informazioni sullo stato di salute,
il ricorso ai principali servizi sanitari, alcuni fattori di rischio per la salute e i comportamenti di prevenzione.
Dall’indagine emerge che le persone con disabilità sono 2 milioni 600 mila (di cui 2 milioni di anziani, cioè il
76,9%), che nella maggioranza dei casi (52,7%) cumulanti più tipi di disabilità per un totale di 1 milione 374 mila
persone con 731 mila disabili per limitazioni motorie.
Per le disabilità, nelle Isole si arriva al 6,2% e nel Sud al 5,8, contro il 4,1 del Nord-Ovest e il 4,0% del Nord-Est;
particolarmente critica è la situazione delle donne anziane nel Sud, tra le quali la percentuale di disabili sfiora il
30% contro il 19,5% delle coetanee del Nord Italia.
I tassi di disabilità per 100 persone permettono di effettuare il seguente raffronto:
Persone di 6
anni e oltre
4,8
Italia
Persone di 65
anni e oltre
18,7
Persone di 6
anni e oltre
6,1
Sicilia
Persone di 65
anni e oltre
26,1
Per ambedue i tassi, la Sicilia mostra i valori più alti rispetto alle altre Regioni, il che può trovare spiegazione
parziale per le persone di 65 anni e più se si osservano i dati ISTAT sugli ospiti dei Presidi residenziali socioassistenziali
nell’anno 2004, che al tempo stesso mostrano una situazione inversa per le età superiori ai 65 anni di
non facile spiegazione.
0-17
anni
17.958 (6,1%)
Italia Ospiti:
292.260
di cui
18-64 50.794 (17,4%)
65 e
oltre
223.510 (76,5%)
0-17
anni
2.441 (18,1%)
Sicilia Ospiti:
18.447
di cui
18-64 3.418 (25,4%)
65 e
oltre:
7.589 (56,5%)
Con riferimento specifico al problema del ritardo mentale, nelle norme di legge attualmente concernenti le
disabilità, il problema non viene rilevato in modo specifico, a differenza di altri Paesi in cui le disabilità dello
sviluppo, in realtà, sono in grande maggioranza riferibili proprio al ritardo mentale.
Le disabilità dello sviluppo rappresentano un gruppo eterogeneo di condizioni che a causa di una patologia a
carico del Sistema Nervoso Centrale o Periferico, o a causa di altre patologie a carico di altri “sistemi”
fondamentali per lo sviluppo “funzionale” del bambino, determinano uno sbilanciamento negativo dello sviluppo
funzionale, cognitivo, emotivo e sociale che lo accompagnerà tutta la vita.
In particolare, la definizione e la classificazione delle disabilità ha subito un articolato processo di revisione: si è
passati dal definirle deviazioni dalla normalità al considerarle variazioni del funzionamento umano, che originano
dall’interazione tra caratteristiche intrinseche dell’individuo e caratteristiche dell’ambiente fisico e sociale. Il
primo modello bio-medico concepiva la disabilità come deviazione dalla normalità a carico di una struttura o
funzione psicologica, fisiologica o anatomica, causata da malattia, trauma o altro. Successivamente, con il
modello socio-politico, la disabilità è stata identificata come un costrutto sociale, costituito da un insieme di
condizioni, attività e relazioni. In questa prospettiva le limitazioni che un cittadino disabile incontra nell’ambito
dell’educazione e dell’occupazione sono il risultato dell’atteggiamento sociale riguardo ai bisogni e alle capacità
delle persone disabili. Di conseguenza, lo svantaggio percepito dal disabile deriva da un fallimento da parte del
contesto sociale nel rispondere ai suoi bisogni e alle sue aspirazioni.
Recenti sviluppi nell’ambito della ricerca e degli interventi per la promozione della salute hanno aperto nuove
prospettive nella definizione e classificazione delle malattie e delle disabilità
Più recentemente, l’ICIDH-2 (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps, WHO,
1997), ultima revisione della classificazione internazionale, si fonda sul modello biopsicosociale, che rispetto ai
precedenti coglie la natura dinamica e reciproca delle interazioni individuo/ambiente superando la prospettiva
causa-effetto. Secondo tale modello, la disabilità è concepita e valutata come una variazione lungo tre dimensioni
definite come deficit (organico o psichico), limitazioni nell’attività e limitazioni nella partecipazione.
L’odierno approccio scientifico alla Persona e ai suoi problemi di salute, pertanto, si fonda sul piano filosoficoculturale
su criteri ben precisi:
– il concetto di “Complessità” come matrice dei paradigmi scientifici adottati;
– l’approccio alla salute attraverso le dimensioni Bio-Psico-sociale e i determinati indicati dalla classificazione
internazionale ICF;
– la centralità della Persona assistita rispetto all’approccio scientifico-professionale.
Le disabilità in età evolutiva sono un fatto oggettivo ed epidemiologicamente rilevante, come si può comprendere
dai dati pubblicati dal Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca circa la presenza di alcuni disabili su quattro
ordini di scuole statali, quelle per l’infanzia, le elementari, le medie inferiori e le medie superiori. Gli alunni
disabili erano 116.751 nel 1998; 146.389 nel 2002; 174.404 nel 2007; 175.778 nel 2008.
Se si considerano i dati della popolazione scolastica ed il numero degli alunni disabili presenti nelle scuole statali
nel 2006, pari a 164.392, se ne ricava che, rispetto al 1998, la presenza di alunni disabili è aumentata del 40,8%.
Relativamente a quanto affermato dalla Conferenza sull’handicap del 1999, sull’aumentare della percentuale dei
disabili man mano che si passa dalla scuola per l’infanzia alle scuole medie, una conferma si ha dai dati relativi
all’anno scolastico 2006-2007, che così distribuiscono il totale dei 164.392 alunni disabili: infanzia 1,14%;
elementari 2,28%; medie inferiori 3,1%; medie superiori 1,67%.
In conclusione, nella assenza di dati provenienti dalle fonti ufficiali del Servizio sanitario nazionale, e quindi con
tutti i limiti che derivano da informazioni di ordine generale, è possibile affermare che la presenza di alunni
disabili nei quattro ordini di scuole ricordati è aumentata nell’ultimo decennio, in termini assoluti, perché le
175.778 unità del 2008/2009 rispetto alle 116.751 del 1998/1999 sono il 50% in più, in termini relativi, perché la
popolazione 0-18 di riferimento nello stesso periodo di tempo è marcatamente diminuita.
Tra le disabilità dello sviluppo più rilevanti dal punto di vista epidemiologico, vanno annoverate il ritardo mentale
(RM), oggi rinominato Disabilità Intellettive (DI), nonché i disturbi dello spettro autistico (DSA), mentre le
epilessie rappresentano una rilevante comorbilità, soprattutto in età evolutiva.
Il ritardo mentale (RM) è una condizione caratterizzata da:
A. Funzionamento intellettivo significativamente inferiore alla media, QI minore di 70 ottenuto con un test di QI
somministrato individualmente.
B. Concomitanti deficit o compromissioni nel funzionamento adattivo attuale (cioè le capacità del soggetto ad
adeguarsi agli standard propri della sua età e del suo ambiente culturale ) in almeno due delle seguenti aree:
comunicazione, cura della propria persona, vita in famiglia, capacità sociali-interpersonali, uso delle risorse
della comunità, autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero, salute,
sicurezza.
C. Esordio prima dei 18 anni di età.
L’approccio nosografico etiopatogenetico riconosce le seguenti cause di RM: da disturbi metabolici, da disturbi
genetici, da malformazioni cerebrali, da lesione cerebrale, da causa ignota.
La diagnosi di RM viene in genere formulata al termine di un processo diagnostico clinico e strumentale molto
complesso che, in linea con le indicazioni della letteratura, comprende diverse valutazioni specialistiche, esami di
citogenetica e di genetica molecolare, esami neurometabolici, esami di neuroimaging, esami neurofisiologici, etc.
Tali valutazioni ed esami sono in grado di chiarire l’eziopatogenesi del RM solo in una parte dei soggetti che
giungono alla nostra osservazione. Secondo le stime riportate in letteratura dai diversi autori, la diagnosi causale
di RM può essere identificata nel 40-60% di tutti i pazienti che vengono sottoposti alle varie valutazioni
diagnostiche e strumentali. Peraltro, la distribuzione delle cause varia in funzione della severità del RM, della
selezione dei casi, del tipo di protocollo diagnostico e dell’età dei soggetti.
Riguardo il grado di RM, una diagnosi causale viene raggiunta in una percentuale di casi che può arrivare al 65%
dei soggetti con RM medio o grave, mentre l’eziologia rimane sconosciuta in una percentuale più alta di casi con
RM lieve (fino all’80%).
E’ obiettivo del presente Piano garantire il supporto alla rete nazionale delle neuroscienze, nello specifico ambito
delle disabilità intellettive che vanno valutate nello specifico contesto socio culturale di appartenenza
dell’individuo al fine di considerare la condizione di salute nella più ampia accezione di benessere psico-fisicorelazionale.
I disturbi dello spettro autistico (DSA) comprendono un gruppo eterogeneo di patologie neuropsichiatriche
dell’infanzia che condividono alcuni aspetti clinici che hanno probabilmente eziologie diverse.
Uno studio epidemiologico molto recente condotto in South Carolina ha permesso di stimare, per il 2006, una
prevalenza dei DSA pari a 8/1.000 (1/125), nella popolazione di bambini di 4 anni di età; nella stessa area
geografica la prevalenza di DSA tra i bambini di 8 anni di età risultava essere 7.6/1.000 nel 2000 e 7/1.000 nel
2002.
Non esistono ad oggi studi epidemiologici riferiti ai tassi di prevalenza dei DSA in Italia e, in particolare, in
Sicilia. Tuttavia, considerata la rilevanza sociale ed assistenziale del fenomeno, ben si comprende come la
Regione Siciliana abbia voluto orientare un piano di intervento diagnostico, terapeutico e abilitativo per i DSA
con la pubblicazione delle “Linee guida di organizzazione della rete assistenziale per persone affette da disturbo
autistico” [Decreto Assessoriale 01.02.2007, GURS 23.02.2007, n. 9].
I DSA rientrano nel DRG 429 e pertanto valgono le considerazioni già fatte, riguardo il RM, sulle dimissioni per
“disturbi organici e ritardo mentale” ricavate dal Ministero della Salute dai dati delle SDO del 2006 (vd. sopra).
Nei pazienti con DSA si osservano, già nei prima tre anni di vita, compromissioni qualitative dell’interazione
sociale e della comunicazione verbale e non verbale e patterns di comportamento, interessi e attività limitati,
ristretti e stereotipati.
Solo in un numero limitato di pazienti (10% circa) l’autismo si manifesta come effetto secondario di un’anomalia
genetica (monogenica) o citogenetica ben definita. La complessa base genetica dei DSA è probabilmente
collegata con l’esistenza di numerosi “geni dell’autismo” che possono generare un numero potenzialmente elevato
di “stati” strutturali e funzionali del genoma che, interagendo con i fattori ambientali ed epigenetici, producono
quell’ampia gamma di manifestazioni fenotipiche definita con il termine di “spettro autistico”.
Se da una parte, le innovazioni strumentali e la ricerca sui biomarkers appaiono di fondamentale importanza per
la comprensione dell’etiopatogenesi e per la diagnosi precoce dei DSA, dall’altra si avverte l’esigenza
indifferibile di delineare percorsi diagnostici e riabilitativi che si uniformino a principi e linee guida
largamente condivisi dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale, da proporre ed attuare
nell’ambito del nostro territorio regionale, che in atto risulta carente, sia in merito alla capacità di
rilevare il “bisogno” dell’utenza specifica, che in merito all’ “offerta” di idonei protocolli diagnostici e
riabilitativi. Contestualmente, stante l’evidenza di una realtà regionale fortemente disomogenea, si intende
avviare un processo volto a garantire un’idonea rete di servizi all’interno di ciascuna azienda sanitaria
provinciale, tracciando percorsi che, seppure non univoci, non risultino approssimativi e/o dissonanti rispetto a
parametri di riferimento già valicati.
In tale prospettiva si collocano le già citate “Linee guida di organizzazione della rete assistenziale per persone
affette da disturbo autistico”.
Le epilessie rappresentano certamente, soprattutto in età evolutiva, alcune tra le condizioni neurologiche più
invalidanti ed esse risultano, in almeno un quarto dei casi, resistenti ai farmaci antiepilettici attualmente
disponibili.
In Europa, la prevalenza di epilessia attiva è 4.5-5.0/1000 nei bambini e negli adolescenti, 6/1000 nell’età
compresa tra i 20 e i 64 anni, 7/1000 al di sopra dei 65 anni. Circa il 20-30% della popolazione con epilessia
presenta più di una crisi al mese. In Italia la prevalenza di epilessia attiva è compresa tra 3.3 e 6.2/1000. In
Europa, inoltre, l’incidenza di nuovi casi per anno risulta essere 70/100.000 nei bambini e adolescenti;
30/100.000 negli adulti tra i 20 e i 64 anni; 100/100.000 nei soggetti con età superiore ai 65 anni.
In Sicilia si stima pertanto che vi siano da 22.500 a 35.000 casi prevalenti (4.5-7/1000), da 3500 a 5000 casi
incidenti (70-100/100.000).
Nel 2006, dai dati sulle SDO pubblicati dal Ministero della Salute, il DRG 24 (“Convulsioni e cefalea età > 17
anni con CC”) compare nel settore acuti, regime ordinario con 11.131 casi dimessi, il DRG 25 (“Convulsioni e
cefalea età > 17 anni senza CC”) è rappresentato da 29.027 casi dimessi e il DRG 26 (“Convulsioni e cefalea età
< 18 anni”) viene utilizzato in 31.149 dimissioni.
Il DPCM 22.11.2001 inserisce il DRG 025 (“Convulsioni e cefalea eta` > 17 senza CC”) tra i DRG “ad alto
rischio di inappropriatezza” se erogate in regime di degenza ordinaria, per i quali, sulla base delle rilevazioni
regionali, dovrà essere indicato un valore percentuale/soglia di ammissibilità, fatto salvo, da parte delle Regioni,
l’individuazione di ulteriori DRG e prestazioni assistenziali”. La conseguenza inevitabile di questa definizione è
che risultano “ad alto rischio di inappropriatezza” i ricoveri ordinari di pazienti adulti che abbiano presentato una
crisi (singola) o più crisi o che presentino un’epilessia già in trattamento. Una percentuale non trascurabile di
questi pazienti (almeno il 20%) potrebbe, tuttavia, rientrare nel gruppo dei farmacoresistenti, e per essi è
necessario impostare un protocollo diagnostico ad elevato assorbimento di risorse non erogabili
ambulatoriamente o in regime di DH.
Spesso, le epilessie farmacoresistenti sono caratterizzate da crisi in grado di invalidare pesantemente la persona.
Tenendo conto delle suddette stime e considerando la popolazione siciliana (5.125.000 abitanti), è possibile
prevedere che nella nostra regione vi siano non meno di 7.000 persone con epilessie farmacoresistenti.
I pazienti farmacoresistenti, inoltre, possono richiedere, a motivo delle possibili esacerbazioni della
sintomatologia critica, aggiustamenti terapeutici spesso complessi, da eseguire in Reparto, sotto stretto controllo
dell’epilettologo. Questo è ancora più stringente nel caso di pazienti provenienti da zone disagiate o distanti da
centri di eccellenza o ad alta specializzazione, realtà presente nella nostra Regione (basti pensare ad es. a
Lampedusa).
Appare quindi prioritario pensare alla predisposizione di correttivi messi in atto a livello regionale, per ovviare a
tale criticità, al fine di garantire ai cittadini affetti da epilessia un’assistenza adeguata e distribuita in modo
omogeneo su tutto il territorio regionale.
Sebbene il livello medio di assistenza alla persona con epilessia in Sicilia sia di molto migliorato rispetto al
passato, grazie al miglioramento del livello di competenze e professionalità degli operatori sanitari, la Sicilia
rimane una delle regioni a maggiore mobilità passiva extraregionale, sia in ambito diagnostico che riabilitativo in
tale settore.
Tra le disabilità sono comprese tutte le forme di demenza e altre patologie cronico-degenerative tipiche della
popolazione geriatrica per le quali si rimanda alle sezioni specifiche del capitolo delle Neuroscienze del presente
Piano.
In questo settore opera la struttura di ricovero e cura a carattere scientifico Oasi Maria SS. di Troina, affrontando
tutte quelle condizioni di complessità che caratterizzano il Ritardo Mentale e l’Involuzione Cerebrale nei diversi
gradi e nelle frequenti associazioni con altre condizioni patologiche sia psichiche sia fisiche.
Rispetto a tali problematiche la suddetta struttura, a partire dai principi dell’approccio olistico, che pone la
persona e i propri bisogni al centro del processo assistenziale, esercita la propria attività in una logica di lavoro
pluridisciplinare, che vede l’interazione costante di molteplici figure professionali altamente qualificate e che
prosegue, poi, secondo una sequenza sistematica e scientificamente organizzata, nel rapporto di integrazione con
le famiglie o con altro caregiver.
Infatti, l’esperienza, l’evoluzione delle conoscenze mediche e psicologiche e l’orientamento verso l’assistenza
territoriale e domiciliare hanno guidato l’attività dell’Oasi verso un modello gestionale e organizzativo in cui i
familiari, informati, formati e sostenuti, sono stati messi nelle condizioni di poter svolgere un ruolo attivo e non
meramente passivo di tutela e assistenza delle persone con disabilità, direttamente al domicilio con tutte le
possibilità di inserimento nella vita sociale, scolastica e lavorativa.
Tale inserimento si vuole rendere compatibile con le condizioni clinico-psicologiche e di contesto, attraverso un
adattamento abilitativo-riabilitativo a misura di ciascuna persona assistita. Analogamente si è inteso procedere nei
riguardi delle persone affette da demenze, in particolare quella di Alzheimer, anzitutto per migliorare la qualità
della vita degli assistiti con tutti i mezzi attualmente disponibili, ma anche per consentire ai familiari di svolgere a
domicilio il loro ruolo di tutela in modo da ridurre, nei limiti del possibile, l’inevitabile impatto sulle componenti
della famiglia che si fanno carico dell’assistenza con tale dispendio di energie fisiche ed emotive da fare di essi
stessi dei “pazienti nascosti”.
Le risposte alle disabilità
La International Classification of Functioning, disability and health (ICF) pone dei criteri essenziali al fine di
orientare la cultura professionale e ripropone le condizioni di appropriatezza a supporto delle fasi di analisi e
classificazione dei bisogni.
Il concetto di Riabilitazione secondo il Modello Bio-Psico-Sociale è esplicitato nella Convenzione ONU dei
diritti delle persone con disabilità che prevede che “Gli Stati Parti adottano misure efficaci e adeguate, in
particolare facendo ricorso a forme di mutuo sostegno, al fine di permettere alle persone con disabilità di
ottenere e conservare la massima autonomia, le piene facoltà fisiche, mentali, sociali e professionali, ed il pieno
inserimento e partecipazione in tutti gli ambiti della vita. A questo scopo, gli Stati Parti organizzano, rafforzano
e sviluppano servizi e programmi complessivi per l’abilitazione e la riabilitazione, in particolare nei settori della
sanità, dell’occupazione, dell’istruzione e dei servizi sociali”.
Sulla base di tale modello, la Riabilitazione /Abilitazione va vista secondo una serie integrata di interventi che
riguardano i settori della sanità, dell’occupazione, dell’istruzione e dei servizi sociali; a questi devono
corrispondere una serie di progetti specifici per il superamento della disabilità:
– sanitario o clinico-riabilitativo (terapeutico)
– integrazione scolastica
– integrazione socio-economica o lavorativa
– inserimento ed integrazione sociale con la tutela dello stato giuridico.
Pertanto, la riabilitazione deve realizzarsi attraverso il Progetto Globale per il Superamento della disabilità,
nell’ambito del quale l’intervento sanitario o clinico-riabilitativo sarà realizzato attraverso il Progetto Clinico-
Riabilitativo Individuale e si concretizzerà attraverso la Rete per la riabilitazione in ambito sanitario.
La Regione Sicilia, con il presente piano si impegna a garantire una reale e completa attuazione dei diritti delle
persone con disabilità, nell’ambito del sistema di riforma delle attività e dei servizi socio-sanitari, tenendo conto
delle indicazioni e degli indirizzi contenuti nella legge 8 novembre 2000, n.328, nella legge 14 aprile 1981 n.68,
nel Piano triennale della Regione Siciliana a favore delle persone con disabilità approvato con DPR 2 gennaio
2006 contestualizzato alla luce del nuovo Patto per la Salute del 3 dicembre 2009, delle attuali linee di
programmazione sanitaria e sociosanitaria e degli obiettivi di Piano Sanitario Nazionale.
Le Aziende devono porre in atto risposte integrate alla crescente domanda di assistenza, individuando nel
distretto la sede di riferimento che possa garantire prestazioni adeguate alla popolazione attraverso funzioni
sociali e sanitarie.
Il distretto potenzia l’informazione e l’accesso all’utenza, attraverso sportelli dedicati e sistemi unificati di
prenotazione, con particolare attenzione al momento dell’emersione del bisogno.
Occorre che siano previste le strutture ed i servizi indicati dal Piano Triennale:
- rapportare i servizi e le strutture a livello distrettuale;
- potenziare il ruolo dei servizi dedicati alle persone con disabilità che, a livello distrettuale nell’ambito delle
Aziende Sanitarie Provinciali , sovrintendono alle politiche sulla disabilità;
- valorizzare e rafforzare quei punti di riferimento nodali che, nei vari Distretti delle A.S.P. devono essere
centri “coinvolgenti” (in grado cioè di coordinare e coinvolgere altri servizi), in grado di dare risposta alle
persone con disabilità e alle loro famiglie.
Ai MMG, nell’ambito del distretto, spetta il compito di orientare il cittadino verso scelte appropriate.
In questa nuova ottica devono essere previsti nuclei di formazione primaria che coinvolgano, quale forma di
risposta da potenziare nel prossimo triennio, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, i medici di
continuità assistenziale e gli infermieri professionali.
Devono essere definiti inoltre a livello locale percorsi assistenziali dedicati alle disabilità neurosensoriali (sordità
e cecità), attraverso la costruzione di reti sociosanitarie in grado di dare risposta ai bisogni in modo integrato per
tutte le fasi del percorso assistenziale dalla prevenzione all’iter educativo riabilitativo, attraverso anche la
creazione di appositi centri diurni per persone cieche con patologie neurologiche e/o pluriminorate. La regione si
impegna in tal senso anche nella realizzazione di centri residenziali/assistenziali, denominati “dopo di noi”, che
possano prendersi cura dei soggetti con disabilità anche dopo la morte dei genitori.
Specifica vocazione per l’assistenza alle disabilità è riconosciuta all’IRCCS “Oasi di Troina” di Enna e all’IRCCS
“Bonino Pulejo” di Messina. In particolare l’Istituto Bonino Pulejo è l’unico centro nel mezzogiorno d’Italia che
tratta, dal punto di vista riabilitativo, tre tipi di patologie: gravi neuorolesioni – stati vegetativi –gravi
cerebrolesioni.
Per entrambe le tipologie assistenziali, la Regione si impegna a creare una rete specifica che preveda
un’organizzazione di tipo HUB & SPOKE che asssicuri i collegamenti tra i centri di riferimento e i centri
periferici secondo modelli da definirsi in sede assessoriale.
Obiettivi nell’ambito della disabilità
– la riduzione degli esiti invalidanti delle disabilità più significative e frequenti;
– l’adozione di risposte qualificate che prevedano l’attivazione di percorsi riabilitativi in tutto il territorio
regionale.
In coerenza con tali obiettivi le Aziende sanitarie devono adoperarsi affinché siano garantiti:
– la presa in carico globale della persona con disabilità;
– un’offerta omogenea di prestazioni riabilitative su tutto il territorio sia a livello qualitativo che quantitativo
superando l’attuale disomogeneità di distribuzione delle risorse economiche nel territorio regionale;
– l’integrazione delle attività di riabilitazione ospedaliere, residenziali e distrettuali, al fine di ottimizzare le
prestazioni;
– il ruolo del distretto quale sede privilegiata per il governo di processi assistenziali continuativi e verificabili;
– la gestione appropriata delle diverse tipologie e grado di disabilità, attraverso una migliore qualificazione
della rete delle strutture di riabilitazione;
– l’adeguamento ai nuovi sistemi di accertamento di disabilità, basati su parametri che evidenzino le abilità
funzionali e psicofisiche, il livello di partecipazione sociale e di relazione sociale ed interpersonale.
– la valutazione multidimensionale della persona disabile, in relazione alle diverse fasi della vita;
– la continuità assistenziale nel passaggio dall’età evolutiva all’età adulta ed all’età anziana;
– il rafforzamento dei livelli di integrazione attraverso il raccordo con i servizi sanitari e sociosanitari previsti
nelle AASSPP per la persona e la famiglia con i servizi sociali delle amministrazioni locali;
– l’attivazione di forme di supporto alle esigenze organizzative delle famiglie, con previsione di interventi a
domicilio, semiresidenziali o residenziali nei compiti di assistenza;
– il potenziamento della rete dei servizi per le persone affette da autismo e una riabilitazione specifica per le
persone con patologie visive.
Le suddette misure, oltre ad evitare la parcellizzazione degli interventi, devono altresì tenere conto della
possibilità di supportare, sotto l’aspetto qualitativo, gli interventi residenziali finalizzati al miglioramento delle
strutture di accoglienza, quali le comunità alloggio, le residenze sanitarie e le grandi strutture e di intervenire, al
contempo, sulla sostenibilità dei costi.
La presa in carico
La centralità del ruolo del cittadino e della famiglia rispetto al sistema di rete dei servizi socio-sanitari territoriali
presuppone un progressivo rafforzamento dei percorsi di integrazione sociale, proprio per rendere stabili e
permanenti i livelli di partecipazione e di condivisione tanto dei saperi e delle competenze, quanto delle
responsabilità.
Sono il sostegno e il consolidamento del processo di integrazione nell’ambito di un sistema definito a
rappresentare, nel quadro dello sviluppo sociale sostenibile, i livelli di applicabilità di un programma globale in
contrasto ad ogni forma di esclusione e di discriminazione.
Nei percorsi dedicati all’affermazione di questo principio universale la presa in carico definisce uno dei momenti
fondamentali per l’impostazione e il mantenimento del rapporto persona/famiglia/sistema dei servizi/contesto
sociale, garantendo il “governo coordinato dell’insieme degli interventi sulle condizioni che ostacolano
l’inserimento sociale scolastico e lavorativo”, con il fine di “valorizzare le capacità e le abilità delle persone con
disabilità” per il conseguimento delle pari opportunità di condizione tra i cittadini.
Questo orientamento corrisponde alla nuova classificazione ICF dell’OMS, per la quale la presa in carico deve
essere “la strategia di attenzione di servizi, distribuiti omogeneamente sul territorio, verso la condizione di
svantaggio delle persone che stabilmente o temporaneamente vivono la condizione di disabilità” secondo una
logica di welfare della persona, in grado di accompagnare il cittadino lungo l’intero percorso della vita (long life),
rendendolo protagonista e attore di scelte e di strategie, anche di tipo relazionale.
Per completare il quadro degli interventi necessari al raggiungimento del benessere del cittadino e della comunità,
occorre che il processo integrativo includa anche la presa in carico degli obiettivi di salute, attraverso la
promozione della riabilitazione come il “complesso di interventi orientati a contrastare gli esiti dei deficit, a
sostenere il raggiungimento di livelli massimi di autonomia fisica, psichica e sociale, a promuovere il benessere
psichico e la più ampia espressione della vita relazionale e affettiva”.
La presa in carico globale quindi, da realizzarsi secondo quanto previsto dal Piano triennale della Regione
Siciliana a favore delle persone con disabilità, deve comprendere anche la presa in carico clinico-riabilitativa che
si realizza attraverso la rete della riabilitazione in ambito sanitario.
La formazione in tema di ritardo mentale e disabilità intellettive
Con riferimento specifico al tema del ritardo mentale e alle disabilità intellettive in generale, è essenziale, tenuto
conto di quanto già richiamato riguardo alla necessità di condivisione dei percorsi di cura e dell’ applicazione di
percorsi diagnostico-terapeutici e protocolli comportamentali, la diffusione di programmi di formazione continua
e di aggiornamento professionale, in grado di creare sinergie tra i diversi attori coinvolti nella presa in carico
globale delle persone in tali condizioni.
Per tali attività si terrà conto del know how di strutture della Regione cui è riconosciuta consolidata esperienza
nella cura, prevenzione, diagnosi, riabilitazione e ricerca de1le patologie genetiche associate al ritardo mentale e
all’involuzione cerebrale senile, comprese l’Alzheimer e tutte le patologie in comorbilità o derivate da
complicanze.
4.3 La Riabilitazione e il modello operativo: la rete regionale
L’approccio sanitario alla salute (medicale, riabilitativo e assistenziale) non può prescindere da alcuni elementi
fondanti:
– i problemi e le priorità della persona e la propria capacità d’intervento
– l’individuazione delle problematiche di pertinenza e dei fattori che le influenzano
– l’individuazione delle priorità
– lo sviluppo di azioni positive e delle modalità per realizzarle
– il coinvolgimento attivo delle professioni medico-specialistiche e sanitarie riabilitative
– la facilitazione di percorsi paralleli o alternativi coerenti e necessari.
La Riabilitazione clinica pone come primo criterio di lettura delle priorità i dati forniti proprio dalla
classificazione ICF a cui fare seguito con le valutazioni professionali.
In quest’ottica, l’ ICF diventa non solo il linguaggio che esprime e descrive il funzionamento e la disabiltà, ma lo
scheletro concettuale in grado di orientare ed attorno al quale costruire il Progetto Riabilitativo Individuale.
Si tratta di una impostazione rispettosa della Persona, del suo diritto alla autodeterminazione, che pone il
professionista a supporto delle scelte del cittadino, in modo conforme al dettato costituzionale.
L’obiettivo essenziale in riabilitazione clinica non è tanto la cura della malattia, in senso medico del termine,
quanto la tutela e la promozione della salute intesa come salvaguardia, cura e recupero delle diverse componenti
nelle quali il funzionamento umano si articola in tutti i campi compreso quello economico-lavorativo al livello
migliore possibile, per il tempo più lungo possibile, nella modalità più accettabile e sostenibile.
Una Vision ben orientata nell’oggetto e negli obiettivi, che ne determina i parametri di validità ed
efficacia/efficienza, condiziona la formazione, le competenze e le responsabilità degli operatori, le modalità di
verifica degli interventi e del processo nel suo complesso, definendo chiaramente i parametri di appropriatezza.
Altrettanto essenziale è la capacità del Sistema Sanitario e del Welfare di poter garantire una gestione organica
degli strumenti e delle risorse impiegate, in rapporto agli obiettivi attesi ed ai risultati raggiunti, anche per il
sempre più rapido trasformarsi delle realtà demografiche e socio-economiche, che impongono forte integrazione
e continuità fra interventi sanitari e sociali.
La riabilitazione si caratterizza in un processo di sviluppo della persona finalizzato alla realizzazione dell’intero
potenziale fisico, psicologico, sociale, professionale, occupazionale ed educativo compatibile con le limitazioni
delle funzioni e strutture corporee ed ambientali.
La riabilitazione deve seguire il paradigma dell’empowerment della persona disabile superando l’approccio
riduttivo del recupero funzionale d’organo. Infatti, ciò che il presente Piano della salute intende promuovere per
tale ambito è il superamento delle condizioni discriminanti contemporaneamente alla diffusione di condizioni di
vita idonee a favorire un reale livello di autonomia sia sul piano delle realazioni sociali che rispetto alle scelte
individuali.
In tal senso, si intende garantire la promozione di politiche pubbliche rispettose degli obiettivi di salute (Alma
Ata -OMS 1978).
I fini che si intendono perseguire, preventivi, curativi, educativi ed assistenziali, devono essere individuati,
combinati e coordinati per la singola persona secondo la metodica del problem solving e il principio
dell’empowerment avendo come principio guida l’approccio olistico ai problemi della persona con disabilità.
Fondamentale è la programmazione territoriale all’interno sia dei Piani Attuativi Territoriali che dei Piani Di
Zona finalizzata a realizzare una sinergia tra politiche, norme e risorse facilitando lo sviluppo di reti in grado di
rispondere in termini di adeguatezza e qualità ai bisogni della persona in termini di:
- partecipazione attiva dei cittadini disabili
- pari opportunità
- libertà di scelta
- promozione di relazioni corresponsabili tra utenti e operatori
- interazione con il volontariato e con le organizzazioni del terzo settore.
Il presente Piano della Salute intende avviare un primo intervento per l’attuazione di iniziative articolate nei
macrolivelli, territoriale ed ospedaliero, riorganizzando e razionalizzando gli interventi clinico-riabilitativi a
garanzia del progetto terapeutico individuale nonché della continuità terapeutica a completamento dell’intervento
riabilitativo.
Le Aziende Sanitarie devono garantire la presa in carico e gli interventi necessari al fine di assicurare il miglior
livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale, con la minor restrizione possibile sulle
scelte comportanti lo stato di autonomia e, ancora, realizzare il raccordo funzionale tra l’area dell’emergenza e
l’area della riabilitazione accompagnando la persona in tutto l’iter riabilitativo, fino al reinserimento familiare e
sociale.
Infatti, soprattutto per le disabilità più gravi, il processo di aiuto non può non tenere conto del coinvolgimento
anche della famiglia della persona con disabilità, delle persone per lui significative e dell’ambiente di vita.
Tale modo di operare è utile per raggiungere la funzione ottimale indipendentemente dalla disabilità residua,
anche se le menomazioni causate dal processo patologico non possono essere emendate. In tale processo entrano
in gioco tutte le risorse a disposizione della persona con disabilità, sia di tipo biologico che non biologico come le
risorse culturali, formative, esperienziali, familiari, economiche, ambientali, sociali, ecc.
In Sicilia la rete di servizi sanitari per la riabilitazione clinica, sotto alcuni aspetti insoddisfacente, deve essere
migliorata sia in termini di strutture di riabilitazione intensiva – a livello ospedaliero pubblico e privato o presso
presidi extraospedalieri – che in riferimento ai presidi di riabilitazione estensiva.
In particolare ciò a cui si mira è l’implementazione di:
- setting operativi (ospedalieri, residenziali, semiresidenziali, ambulatoriali e domiciliari);
- programmi riabilitativi definiti in obiettivi terapeutici;
- percorsi di “assistenza tipo” per profili di cura specifici;
Infatti un utilizzo appropriato delle risorse professionali ed economiche disponibili, attraverso interventi
adeguati alla gestione della disabilità, contribuisce al recupero di abilità personali e riduce il rischio di
accettazione passiva della patologia.
Obiettivi e interventi prioritari
In atto è operante un tavolo tecnico regionale per la stesura di specifiche linee guida sulla riabilitazione che
saranno oggetto di apposito provvedimento.
Il presente Piano, per il prossimo triennio, intende perseguire i seguenti obiettivi:
– rafforzamento della rete dei servizi di riabilitazione estensiva, attraverso la riqualificazione ed il
potenziamento delle strutture esistenti e la loro riorganizzazione territoriale;
– riqualificazione della riabilitazione estensiva erogata dalle strutture private accreditate, attraverso la
valutazione continuativa dell’attività svolta e del bisogno dell’utente e verifica delle capacità tecnicoorganizzative;
– potenziamento delle strutture pubbliche e private già presenti sul territorio regionale dotate di cultura e
tecnologia riabilitativa globale intensiva riconosciuta;
– potenziamento delle unità operative specializzate ubicate presso i presidi di alta specialità ed in presidi
ospedalieri plurispecialistici o monospecialistici ove già siano già presenti funzioni di ricovero e cura ad
alta intensità diagnostica ed assistenziale;
– definizione di protocolli operativi volti a garantire continuità assistenziale nelle varie fasi del percorso
riabilitativo, con individuazione delle responsabilità della presa in carico;
– potenziamento di strutture già presenti sul territorio regionale già dotate di cultura e tecnologia riabilitativa
globale intensiva riconosciuta;
– previsione di programmi di sport terapia dedicati alle disabilità quali interventi specifici di integrazione
sociale volti al miglioramento della qualità di vita delle persone con disabilità.
L’accoglienza delle persone con disabilità nella rete, comporta l’immediata valutazione multiprofessionale delle
condizioni e dei motivi alla base del percorso riabilitativo, le indicazioni al trattamento, i programmi e le misure
di valutazione di efficacia degli interventi.
La conclusione del percorso deve coincidere con il raggiungimento degli obiettivi, quando non siano prevedibili
ulteriori processi di miglioramento e deve contemplare il percorso successivo con la copertura di interventi
erogabili anche da altre strutture non sanitarie.
Il modello operativo deve tenere conto del complessivo quadro normativo attribuendo compiti e responsabilità
definiti sia ai vari professionisti sia alle varie strutture competenti.
Le regole del management devono essere recepite da tutti per garantire non soltanto che il processo di
aziendalizzazione sia governato dai principi di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, ma soprattutto per
rendere possibile una concreta presa in carico della persona con disabilità, nonché per realizzare un processo di
miglioramento della qualità della vita e nel contempo conseguire un controllo economico-gestionale. Da ciò ne
deriva che una corretta pianificazione delle attività di riabilitazione, partendo dal progetto globale unitario per il
superamento delle difficoltà imposte dalla disabilità, definite dall’Unità di Valutazione della Disabilità (UVD),
deve prevedere, ove necessario, l’attuazione di uno specifico intervento terapeutico-riabilitativo che dovrà
integrarsi con gli altri ambiti di intervento (scolastico, lavorativo, sociale).
In particolare, in ambito distrettuale dovranno espletarsi le funzioni relative all’accoglienza del paziente,
all’analisi dei bisogni, alla tipologia della presa in carico (ambulatoriale, domiciliare, internato, seminternato)
stabilendo la frequenza e la durata degli accessi alle strutture riabilitative.
La struttura riabilitativa a sua volta definisce il progetto riabilitativo individuale di struttura che sarà elaborato a
cura della propria equipe.
In tale progetto, oltre ad indicare il coordinatore dello stesso, bisognerà tra l’altro:
– tener conto in maniera globale dei bisogni, delle preferenze del paziente, delle caratteristiche della sua
disabilità (menomazioni funzionale e strutturali, limitazioni di attività e restrizione di partecipazione) e
soprattutto delle sue abilità residue e recuperabili;
– definire gli esiti desiderati, le aspettative e le priorità del paziente e dei suoi familiari e dell’equipe curante;
– definire la composizione ed il ruolo dell’equipe riabilitativa rispetto alle azioni da intraprendere per il
raggiungimento degli esiti desiderati;
– definire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, i tempi previsti, le azioni e le condizioni necessarie al
raggiungimento degli esiti desiderati e gli indicatori da utilizzare per la verifica degli stessi.
Tale progetto dovrà essere comunicato in modo comprensibile al paziente in carico ed ai suoi familiari.
Il medico specialista, coordinatore dell’equipe, avrà inoltre cura di informare adeguatamente il medico di
famiglia. All’interno del progetto dovranno essere previsti uno o più programmi riabilitativi specifici di intervento
che saranno elaborati e realizzati dai singoli professionisti esperti nelle specifiche discipline (rieducazione
motoria e visiva, logopedia, psicomotricità, terapia occupazionale ecc.).
Sarà cura della struttura riabilitativa predisporre la compilazione e conservazione di una “cartella” da cui
risultino: le generalità dell’assistito, la diagnosi clinica, il profilo funzionale rilevato, il progetto clinicoriabilitativo
individuale, la tipologia e la frequenza degli interventi riabilitativi e specialistici praticati nel corso
del trattamento, ivi comprese le valutazioni psicologiche, pedagogiche e sociali, le informazioni di carattere
anamnestico e/o clinico ritenute rilevanti ai fini di una corretta impostazione del trattamento riabilitativo nonché
le valutazioni finali relative agli esiti. Nella cartella risulteranno di conseguenza i contributi plurispecialistici e
multidisciplinari dei singoli professionisti, per quanto di rispettiva competenza, di cui viene assunta personale
responsabilità formale e sostanziale.
La cartella costituirà inoltre un indispensabile strumento al fine di procedere ad una adeguata valutazione del
percorso terapeutico-riabilitativo individuale.
Pertanto il trattamento riabilitativo che deve essere assicurato si caratterizza nell’approccio omnicomprensivo in
quanto si avvale di tutte le tipologie di interventi specialistici riabilitativi (rieducazione motoria,
neuropsicologica, logopedica, psicomototoria, occupazionale, ortottica, podologica ecc.), realizzati all’interno dei
programmi riabilitativi specifici, con l’apporto delle varie professionalità esistenti all’interno dell’equipe della
struttura in funzione del progetto riabilitativo individuale. Nell’ambito della definizione della rete regionale della
riabilitazione, si dovrà tenere conto della necessità di assicurare il collegamento con le rianimazioni e con i
trauma center in modo da garantire ai pazienti la continuità